LA FEDE BAHA'I
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​BAHÁ'U'LLÁH​ - IL FONDATORE DELLA FEDE BAHÁ'I

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 Il Mausoleo del Fondatore della Fede bahá'i,  Bahá’u’lláh

Nato in Iran a Teheran il 12 novembre 1817, Mirza Husayn-‘Alí godeva di tutti i vantaggi conferiti dai Suoi nobili natali. Sin dalla tenera età, mostrò conoscenza e saggezza straordinarie.
Da giovane, invece di inseguire come Suo padre una carriera al servizio del governo, Mirza Husayn-‘Alí decise di dedicare le Sue energie alla cura dei poveri, senza mostrare alcun interesse per la posizione sociale o per la notorietà.


Quando accettò la religione del Báb, la vita di questo nobiluomo e della Sua famiglia cambiò radicalmente. Anche se non Si incontrarono mai di persona, dal momento in cui sentì parlare del messaggio del Báb, Mirza Husayn-‘Alí gli dichiarò la Sua totale fedeltà e dedicò tutte le Sue energie e la Sua influenza alla sua promozione.
Nel 1848 a Badasht, un villaggio nel nordest dell’Iran, ebbe luogo un importante incontro dei seguaci del Báb. Mirza Husayn-‘Alí svolse un ruolo centrale nel suo svolgimento, che affermò l’indipendenza della nuova religione. Da quel momento, Egli fu chiamato Bahá’u’lláh, che in arabo significa “Gloria di Dio”.
Mentre la comunità dei seguaci del Báb si rafforzava, crebbe anche la feroce opposizione che essa suscitò. Migliaia di persone furono sottoposte a trattamenti barbari e crudeli e molte furono trucidate. Quando trecento bábí cercarono riparo in un mausoleo abbandonato detto Shaykh Tabarsi, Bahá’u’lláh Si mise in viaggio per unirSi a loro, ma Gli impedirono di arrivare a destinazione.
Nel 1850 il Báb fu fucilato in pubblico. I Suoi principali sostenitori essendo stati uccisi, fu subito evidente che Bahá’u’lláh era l’Unico al quale i bábí potessero rivolgersi.


Rivelazione

Nel 1852 Bahá’u’lláh fu ingiustamente accusato di complicità in un attentato contro la vita di Nasiri’d-Din Shah, il sovrano dell’Iran. Quando fu emessa l’ordinanza del Suo arresto, Egli Si incamminò per andare incontro ai Suoi accusatori, con grande stupore di coloro che erano stati incaricati di arrestarLo. Essi Lo condussero, a piedi nudi e in catene, attraverso le strade gremite dalla folla, in una famigerata segreta, nota come “Pozzo nero”.
La segreta era stata un tempo la riserva d’acqua di un bagno pubblico. Fra le sue mura languivano molti prigionieri, rinchiusi in un ambiente freddo e malsano, legati assieme da pesantissime catene che segnarono il corpo di Bahá’u’lláh per il resto della Sua vita.
In questo lugubre luogo si svolsero eventi rari e preziosi: un uomo mortale, apparentemente umano sotto ogni aspetto, fu prescelto da Dio per portare all’umanità un nuovo messaggio.
Questa esperienza della Rivelazione divina, solo indirettamente accennata nei racconti della vita di Mosè, di Cristo e di Muhammad, è descritta dalle parole di Bahá’u’lláh: «Durante i giorni in cui giacevo nella prigione di Teheran, sebbene il tormentoso peso delle catene e l’aria impregnata di fetore Mi permettessero ben poco riposo, pure nei rari momenti di assopimento sentivo come se qualcosa fluisse dal sommo del Mio capo sul Mio petto, proprio come un impetuoso torrente che si precipitasse sulla terra dall’alto di un eccelso monte... In tali momenti la Mia lingua declamava cose che nessun uomo potrebbe sopportare di udire».


Esilio a Baghdad

Dopo quattro mesi di intense sofferenze, Bahá’u’lláh, ammalato ed esausto, fu liberato ed esiliato per sempre dall’Iran dove era nato. Egli e la Sua famiglia furono mandati a Baghdad. In questa città, i seguaci del Báb che erano sopravvissuti si rivolsero sempre più spesso a Lui per chiederGli una guida morale e spirituale. La nobiltà del Suo carattere, la saggezza del Suo consiglio, la gentilezza che usava con tutti e i segni di sovrumana grandezza sempre evidenti in Lui rinvigorirono quella comunità oppressa.
L’emersione di Bahá’u’lláh come leader della comunità dei seguaci del Báb suscitò la gelosia di Mirza Yahya, il Suo ambizioso fratellastro minore. Costui cercò spudoratamente più volte di calunniare il carattere di Bahá’u’lláh e di spargere semi di sospetto e di dubbio fra i Suoi compagni. Per evitare di essere causa di tensioni, Bahá’u’lláh Si ritirò fra i monti del Kurdistan, dove rimase per due anni, riflettendo sul Suo scopo divino. Questo periodo della Sua vita ricorda il ritiro di Mosè sul Monte Sinai, i giorni trascorsi da Cristo nel deserto e l’isolamento di Muhammad sulle alture dell’Arabia.
Ma anche in questa remota regione, la fama di Bahá’u’lláh si diffuse. La gente disse che vi si trovava un uomo di straordinaria saggezza ed eloquenza. Quando queste voci giunsero a Baghdad, i bábí, intuendo che si trattava di Bahá’u’lláh, inviarono una missione per supplicarLo di ritornare.
TrasferitoSi nuovamente a Baghdad, Bahá’u’lláh rinvigorì i seguaci del Báb; la reputazione della comunità si consolidò e la Sua fama Si diffuse ancor più lontano. In questo periodo Egli compose tre delle sue opere più famose – le Parole celate, le Sette Valli e il Libro della certezza (Kitáb-i-Íqán). Gli scritti di Bahá’u’lláh alludevano al Suo stadio, ma non era ancora arrivato il momento di annunciarlo pubblicamente.
La crescita della fama di Bahá’u’lláh rinfocolò l’invidia e l’astio di una parte del clero. Essi fecero pervenire le loro rimostranze allo Scià di Persia sollecitandolo a chiedere al Sultano ottomano di allontanare ulteriormente Bahá’u’lláh dal confine iraniano. Fu così decretato un secondo esilio.
Alla fine dell’aprile 1863, poco prima di lasciare Baghdad diretto a Istanbul (allora nota come Costantinopoli), Bahá’u’lláh e i Suoi compagni si trattennero per dodici giorni in un giardino che Egli chiamò Ridván, che significa “Paradiso”. In quel luogo, situato sulle rive del fiume Tigri, Bahá’u’lláh dichiarò di essere Colui Che il Báb aveva annunciato, il Messaggero inviato da Dio alla maturità collettiva del genere umano, predetto in tutte le scritture del mondo.


Altri esili

Tre mesi dopo essere partiti da Baghdad, Bahá’u’lláh e i Suoi compagni di esilio arrivarono a Costantinopoli. Vi rimasero solo quattro mesi prima che un ulteriore esilio li portasse a Edirne (Adrianopoli), un estenuante viaggio intrapreso in un gelido inverno. In Adrianopoli, la loro sistemazione non li protesse dalla temperatura inclemente.
Bahá’u’lláh definì Adrianopoli la “remota prigione”. Ma nonostante le condizioni inospitali nelle quali gli esuli furono costretti a vivere, dalla Sua penna continuarono a fluire versetti ispirati e il Suo messaggio giunse fino in Egitto e in India.
Durante questo periodo Mirza Yahya, il geloso fratellastro di Bahá’u’lláh, architettò un piano per avvelenarLo. Questo tragico episodio lasciò a Bahá’u’lláh un tremito alla mano che modificò la Sua grafia fino alla fine dei Suoi giorni.
All’inizio del settembre del 1867, Bahá’u’lláh scrisse una serie di lettere ai capi e ai governanti di varie nazioni. In questi profetici scritti, Egli proclamò apertamente il Suo stadio, annunziando gli albori di una nuova era. Ma prima, Egli scrisse, ci sarebbero stati catastrofici sommovimenti dell’ordine politico e sociale del mondo. Bahá’u’lláh sollecitò i capi della terra a difendere la giustizia e li invitò a convocare un’assemblea nella quale si sarebbero incontrati per mettere fine alle guerre. Solo agendo collettivamente, Egli disse, avrebbero potuto instaurare una pace permanente. I Suoi consigli caddero nel vuoto.
I continui intrighi dei detrattori di Bahá’u’lláh spinsero il governo ottomano a esliarLo, un’ultima volta, nella sua più famigerata colonia penale. Giunto nella città prigione di ‘Akká sul Mediterraneo il 31 agosto 1868, Bahá’u’lláh trascorse il resto della vita nella cittadella e nelle sue vicinanze.
Dopo essere stati trattenuti in prigione per oltre due anni, Egli e i Suoi compagni furono trasferiti in un’angusta abitazione all’interno delle mura della città. A poco a poco, il carattere morale dei bahá’í, specialmente di ‘Abdu’l-Bahá, il figlio maggiore di Bahá’u’lláh, addolcirono i cuori dei carcerieri e vinsero il bigottismo e l’indifferenza degli abitanti di ‘Akká. Come a Baghdad e in Adrianopoli, la nobiltà del carattere di Bahá’u’lláh gradualmente conquistò l’ammirazione della comunità e di alcuni dei suoi capi.


In ‘Akká, Bahá’u’lláh rivelò la Sua opera più importante, il Kitáb-i-Aqdas (il Libro Più Santo), nel quale espose le leggi e i principi più essenziali della Sua Fede e stabilì le fondamenta di un ordine amministrativo globale.


Gli ultimi anni
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Alla fine degli anni 1870, pur essendo Bahá’u’lláh ancora prigioniero, Gli fu concessa la libertà di uscire dalle mura della città e ai Suoi seguaci fu permesso di incontrarLo relativamente in pace. Nell’aprile del 1890, il professor Edward Granville Browne dell’Università di Cambridge Lo incontrò nella Magione nei pressi di ‘Akká dove Si era sistemato.
Browne scrisse del loro incontro: «Non potrò mai dimenticare il volto di colui che stavo fissando, per quanto mi sia impossibile descriverlo. Quegli occhi penetranti sembravano leggere nel fondo dell’anima; sulla sua ampia fronte troneggiavano possanza ed autorità... Non v’era certo alcun bisogno di chiedere alla presenza di chi mi trovassi, mentre mi inchinavo, dinanzi a colui che è oggetto di devozione ed amore tali che i re possono invidiare e gli imperatori sospirare invano!».
Bahá’u’lláh trapassò il 29 maggio 1892. Nel Suo testamento, nominò ‘Abdu’l-Bahá Suo successore e Capo della Fede bahá’í: era la prima volta nella storia che il Fondatore di una religione mondiale nominava il proprio successore in un inconfutabile testo scritto. Questa scelta di un successore è un provvedimento centrale di quello che è conosciuto come il “Patto di Bahá’u’lláh”, un elemento che permette alla comunità bahá’í di restare unita per tutti i tempi.

ABDU'L BAHÁ - L'INTERPRETE DEGLI SCRITTI BAHÁ'I

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La sera del 22 maggio 1844, si verificò un evento significativo della storia umana. Nella città di Shiraz, Iran, il Báb dichiarò che era incominciato un nuovo ciclo religioso per il mondo.
In quella stessa sera, a mezzanotte, nacque a Teheran un bambino. Bahá’u’lláh chiamò quel figlio neonato ‘Abbás, in onore di Suo padre. Ma poi, ‘Abbás scelse di chiamarsi ‘Abdu’l-Bahá, il “servo di Bahá” e, nella Sua vita di servizio all’umanità, divenne noto come incarnazione ed esemplare vivente degli insegnamenti di Bahá’u’lláh .


L’infanzia

‘Abdu’l-Bahá ebbe un’infanzia privilegiata finché non scoppiarono le feroci persecuzioni contro i seguaci del Báb – fra i quali Bahá’u’lláh era il più eminente. L’incarcerazione di Bahá’u’lláh perché era un bábí segnò una svolta per la Sua famiglia. La visione di Bahá’u’lláh in prigione – la barba e i capelli incolti, il collo gonfiato dal peso di un collare di ferro, il corpo incurvato dalle catene – lasciò un’indelebile impressione nella mente di Suo figlio Che aveva appena otto anni.
Nel dicembre 1852, Bahá’u’lláh fu liberato dopo quattro mesi di prigione e quasi immediatamente bandito dall’Iran con la Sua famiglia. Non avrebbero mai più rivisto la loro terra natale. Durante il lungo viaggio verso Baghdad, ‘Abdu’l-Bahá soffrì per i morsi del gelo e per la separazione dal fratellino, Mihdí, che non era abbastanza forte da affrontare quel faticoso viaggio.
Appena giunti a Baghdad, Egli subì un’altra dolorosa separazione quando Bahá’u’lláh Si ritirò nelle montagne del Kurdistan per un periodo di due anni. Mentre il Suo amato Padre era lontano, ‘Abdu’l-Bahá dedicò il Suo tempo alla lettura e alla meditazione delle opere del Báb .


Il servizio a Bahá’u’lláh

Quando finalmente Bahá’u’lláh fece ritorno, il ragazzo dodicenne fu sopraffatto dalla gioia. Nonostante la tenera età, aveva già intuitivamente riconosciuto il rango di Suo Padre. Negli anni immediatamente successivi, divenne il Suo rappresentante e segretario.
‘Abdu’l-Bahá protesse il Padre da inutili intrusioni e dalla malizia di chi Gli voleva male e, conversando con i saggi e con i dotti su temi e argomenti di loro interesse, Si procurò grande rispetto anche al di fuori della cerchia dei seguaci di Suo Padre. Un commentario che scrisse mentre era ancora adolescente dimostrò il Suo già profondo sapere, la Sua grande comprensione e una notevole padronanza della lingua. Durante il loro esilio, Si assunse anche l’onere di varie trattative con le autorità civili. 

Durante l’ultimo esilio di Bahá’u’lláh ad Akka, ‘Abdu’l-Bahá continuò a proteggere il Padre, Si prese cura dei Suoi seguaci, Si occupò dei malati e dei poveri della città e sostenne la giustizia contro carcerieri insensibili, guardie brutali e funzionari ostili. La Sua generosità, il Suo servizio disinteressato e la Sua fedeltà ai principi Lo resero caro a coloro che Lo conobbero nel corso del tempo, conquistarono anche il nemico più accanito.


Il Centro del Patto

Nel Suo Libro Più Santo, Bahá’u’lláh strinse un patto con i Suoi seguaci, ingiungendo loro di rivolgersi, dopo il Suo trapasso, ad ‘Abdu’l-Bahá, Che Egli definì «Colui Che Dio ha designato, Colui Che è germogliato da questa Antica Radice». L’autorità di ‘Abdu’l-Bahá come “Centro del Patto” fu sancita anche in altri testi, tra cui il Testamento di Bahá’u’lláh.
Dal momento del trapasso di Bahá’u’lláh, ‘Abdu’l-Bahá sovrintese alla diffusione della Fede di Suo Padre in nuovi territori, tra cui il Nord America e l’Europa. Ricevette un costante flusso di pellegrini provenienti da Oriente e da Occidente, tenne una vasta corrispondenza con bahá’í e ricercatori di tutte le parti del mondo e visse un’esemplare vita di servizio alla popolazione di Akka.
Invidioso dell’influenza di ‘Abdu’l-Bahá, il Suo fratellastro minore – Mirza Muhammad ‘Alí –cercò di scalzare e usurpare la Sua autorità. I suoi sforzi per suscitare nelle menti delle autorità già ostili ulteriori sospetti contro di Lui portarono al rinnovamento di restrizioni che nel corso degli anni si erano gradualmente ammorbidite. Pur procurando grande dolore ad ‘Abdu’l-Bahá e ai Suoi fedeli seguaci, questi attacchi non riuscirono a scalfire l’unità della comunità o ad ostacolare la diffusione della Fede bahá’í.


I viaggi in Occidente

Già nel 1907, ‘Abdu’l-Bahá aveva incominciato a spostare la famiglia a Haifa, di fronte ad Akka, al di là della baia, dove aveva costruito una casa ai piedi del Monte Carmelo. Nel 1908, un tumulto nella capitale ottomana culminò nella Rivoluzione dei giovani turchi. Il Sultano liberò tutti i prigionieri politici e religiosi dell’impero e, dopo decenni di prigionia e di esilio, ‘Abdu’l-Bahá fu libero. 



Nonostante le enormi sfide, i lavori per la tomba del Báb erano proseguiti, a mezza costa sulla montagna, in un punto indicato da Bahá’u’lláh. Nel marzo 1909, ‘Abdu’l-Bahá poté collocare i resti del Báb nel Mausoleo che aveva costruito.
L’anno seguente, ‘Abdu’l-Bahá partì da Haifa per l’Egitto, dove rimase un anno, incontrando diplomatici, intellettuali, leader religiosi e giornalisti. Nella tarda estate del 1911, salpò per l’Europa, fermandoSi nel centro di villeggiatura francese di Thonon-les-Bains prima di procedere per Londra.
Il 10 settembre 1911, dal pulpito della chiesa City Temple di Londra, ‘Abdu’l-Bahá pronunciò il primo discorso pubblico della Sua vita. Il Suo successivo soggiorno di un mese in Inghilterra fu pieno di incessanti attività: Durante discorsi pubblici, incontri con la stampa e interviste con varie persone Egli promosse gli insegnamenti di Bahá’u’lláh e la loro applicazione a molti problemi contemporanei. I giorni che trascorse prima a Londra e poi a Parigi stabilirono un modello che avrebbe poi seguito in tutti i Suoi viaggi.
Nella primavera del 1912, ‘Abdu’l-Bahá andò negli Stati Uniti e in Canada dove Si trattenne per nove mesi. Viaggiò da costa a costa, parlando a ogni tipo di pubblico e incontrando persone di tutti i ranghi. Alla fine dell’anno, ritornò in Gran Bretagna e all’inizio del 1913, in Francia, da dove proseguì per la Germania, l’Ungheria e l’Austria. Nel maggio dello stesso anno fece ritorno in Egitto e il 5 dicembre 1913, in Terra Santa.
I viaggi di ‘Abdu’l-Bahá in Occidente contribuirono significativamente alla diffusione degli insegnamenti di Bahá’u’lláh e al solido insediamento della comunità bahá’í in Europa e nel Nord America. In entrambi i continenti, Egli fu accolto con grande considerazione da un pubblico illustre interessato alle condizioni della società moderna e devoto a temi come la pace, i diritti delle donne, l’uguaglianza fra le razze, le riforme sociali e lo sviluppo morale.
Durante i Suoi viaggi, ‘Abdu’l-Bahá annunciò il messaggio che era giunta l’età promessa dell’unificazione del genere umano. Egli parlò spesso della necessità di creare le condizioni sociali e gli strumenti politici internazionali necessari per instaurare la pace. Meno di due anni più tardi, le Sue premonizioni di un conflitto mondiale si avverarono.


La Grande Guerra

Quando scoppiò la prima Guerra mondiale, le comunicazioni di ‘Abdu’l-Bahá con i bahá’í del resto del mondo furono quasi completamente interrotte. Egli trascorse gli anni della guerra occupandoSi dei bisogni materiali e spirituali delle persone intorno a Lui, organizzando personalmente vaste operazioni agricole e scongiurando una carestia per i poveri di tutte le religioni in Haifa e Akka. L’Impero britannico riconobbe il Suo servizio alla popolazione della Palestina nominandoLo baronetto nell’aprile del 1920.
Durante gli anni della guerra, ‘Abdu’l-Bahá produsse una delle opere più importanti del Suo ministero: quattordici lettere, note collettivamente come le Tavole del Piano divino , indirizzate ai bahá’í dell’America del Nord che descrivono le qualità e gli atteggiamenti spirituali, nonché le azioni pratiche necessarie per diffondere gli insegnamenti bahá’í in tutto il mondo.


Gli ultimi anni

In vecchiaia, ‘Abdu’l-Bahá Si mantenne straordinariamente vigoroso. Fu un padre amorevole non solo per la comunità bahá’í a Haifa, ma per un nascente movimento internazionale. La Sua corrispondenza guidò gli sforzi globali per creare una struttura organizzativa per la comunità. La Sua interazione con un flusso di pellegrini in Terra Santa fu un altro strumento per istruire e incoraggiare i credenti di tutto il mondo.
Quando Si spense all’età di 77 anni il 28 novembre 1921, al Suo funerale parteciparono 10.000 persone di numerose denominazioni religiose. In spontanei elogi a una personalità ammirata, ‘Abdu’l-Bahá fu celebrato come una Persona che aveva guidato l’umanità verso la “Via della verità”, come una “colonna della pace” e incarnazione di “gloria e grandezza”.
I Suoi resti mortali furono sepolti in una delle camere del Mausoleo del Báb sul Monte Carmelo.
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 SHOGHI EFFENDI - IL CUSTODE DELLA FEDE BAHÁ'I

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I primi anni

Imparentato sia con il Báb sia con Bahá’u’lláh, Shoghi Effendi nacque in Akka mentre suo Nonno, ‘Abdu’l-Bahá, era ancora prigioniero. Sin dai primissimi anni, un’incrollabile fedeltà unita a una profonda devozione verso il Nonno motivò ogni sua azione. Desideroso di imparare bene la lingua inglese per lavorare come segretario e traduttore per ‘Abdu’l-Bahá, nella primavera del 1920, egli partì per l’università di Oxford dove acquisì una splendida padronanza della lingua inglese.
Quando ‘Abdu’l-Bahá scomparve nel novembre del 1921, Shoghi Effendi ne fu devastato. In preda a un profondo dolore, apprese che ‘Abdu’l-Bahá nelle Sue Ultime Volontà e Testamento lo aveva nominato Custode della Fede bahá’í.
Nonostante l’angoscia personale, Shoghi Effendi affrontò energicamente le sue enormi responsabilità. Si mise all’opera per eseguire le disposizioni di quelle che egli identificò come tre “carte” della Fede bahá’í: la Tavola del Carmelo di Bahá’u’lláh, che stabilisce il mandato per lo sviluppo del Centro Mondiale bahá’í in Terra Santa; le Ultime Volontà e Testamento di ‘Abdu’l-Bahá , che delinea il quadro per l’evoluzione dell’Amministrazione bahá’í e le Tavole del Piano divino di ‘Abdu’l-Bahá che forniscono le linee guida per l’espansione globale della comunità bahá’í.
Con il trapasso di ‘Abdu’l-Bahá, la Fede bahá’í entrò in una nuova fase della sua crescita. Quella che Shoghi Effendi definì “era apostolica” o “era eroica” era finita ed era incominciata l’“età formativa”. La sua posizione di Custode comportò una funzione e uno stile di leadership molto diversi da quelli di ‘Abdu’l-Bahá.
Nel 1937, Shoghi Effendi sposò Mary Maxwell di Montreal, Canada, che divenne nota fra i bahá’í con il titolo di Amatu’l-Bahá Ruhiyyih Khanum. Diversi anni più tardi, in un messaggio all’Assemblea Spirituale Nazionale dei bahá’í del Canada, il Custode la definì «la mia compagna, il mio scudo... e la mia instancabile collaboratrice nei miei difficili compiti».


La costruzione dell’Amministrazione bahá’í

Lo sviluppo dell’Ordine amministrativo di Bahá’u’lláh fu un importante obiettivo di Shoghi Effendi. Evolvendosi, le istituzioni bahá’í mobilitarono le risorse umane e materiali della comunità, fornendo gli strumenti necessari per l’attuazione del Piano divino. In primo luogo, occorreva una struttura di istituzioni bahá’í locali e nazionali elette per gestire gli affari della comunità che stava crescendo. Shoghi Effendi guidò queste istituzioni emergenti nello svolgimento di una vasta gamma di attività essenziali, come promuovere gli insegnamenti, pubblicare la letteratura e organizzare la vita comunitaria – imparando nel frattempo a praticare il metodo del processo decisionale consultivo prescritto da Bahá’u’lláh.
Nel 1937, 16 anni dopo la morte di ‘Abdu’l-Bahá, la capacità amministrativa si era sviluppata in un certo numero di paesi a sufficienza perché Shoghi Effendi potesse incominciare ad attuare una serie di piani per diffondere gli insegnamenti bahá’í più lontano e fondare comunità in tutto il pianeta, in adempimento degli obiettivi stabiliti nelle Tavole del Piano divino.
Per capeggiare e sostenere questo lavoro, il Custode incominciò nominando le “Mani della Causa di Dio”, un corpo di eminenti bahá’ í in ciascun continente, che egli poi definì «Primi Sovrintendenti dell’embrionaria Confederazione di Bahá’u’lláh». La funzione di questo corpo di credenti d’alto rango era condurre iniziative per promuovere gli insegnamenti bahá’í, incoraggiare l’apprendimento, assistere ed educare le Assemblee nei loro doveri e fornire leadership morale e incoraggiamento. Nel 1951, Shoghi Effendi nominò i membri di un Consiglio Internazionale Bahá’í, che disse essere il precursore della Casa Universale di Giustizia. Nel 1954, fu formata anche una rete globale di membri del Consiglio ausiliare per assistere le Mani della Causa.


L’espansione della comunità bahá’í

Per realizzare gli obiettivi del Piano divino di ‘Abdu’l-Bahá –introdurre la Fede bahá’í in ogni terra – il Custode inizialmente incoraggiò e aiutò quella che allora era una schiera relativamente piccola di bahá’í sparsi in tutto il pianeta. Alcuni si mossero immediatamente. Fra loro spicca una giornalista americana, Martha Root, che attraversò il globo almeno quattro volte e trasmise il messaggio bahá’í a innumerevoli anime, tra le quali la regina Maria di Romania – il primo personaggio reale che abbracciò gli insegnamenti. Shoghi Effendi mantenne una regolare corrispondenza con Martha Root e con molti altri intrepidi che lasciarono le loro case per diffondere la Fede.


Quando il numero dei bahá’ í e la loro capacità di agire furono cresciuti, Shoghi Effendi si mise sistematicamente all’opera per attuare il piano di ‘Abdu’l-Bahá (enunciato nelle Tavole del Piano divino), dando ad alcune comunità nazionali bahá’í una serie di piani specifici per diffondere la Fede ancora più lontano. Nel 1953, i bahá’í furono in grado di intraprendere quella che egli definì una «fatidica, entusiasmante, Crociata spirituale decennale, che abbraccia il mondo». In questa campagna, i bahá’í di tutto il mondo ottennero risultati sorprendenti. Quando ‘Abdu’l-Bahá era scomparso, circa 35 paesi erano stati aperti alla Fede bahá’ í e solo pochi avevano una rudimentale organizzazione a livello nazionale. Al momento del trapasso di Shoghi Effendi, nel 1957, i bahá’ í si trovavano in 219 nuovi stati sovrani, dipendenze e isole maggiori. Nel 1963, c’erano 56 consigli direttivi nazionali eletti – noti come Assemblee Spirituali Nazionali – nonché oltre 4500 Assemblee Spirituali Locali e i bahá’í risiedevano in più di 15.000 località.


Il Centro Mondiale Bahá’í
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Durante il suo ministero, Shoghi Effendi incominciò a costruire in Terra Santa il cuore e il centro nevralgico di una Fede mondiale, superando quelli che spesso sembrarono essere insormontabili ostacoli materiali. 
Tra i molti compiti che egli si accollò per farlo, uno fu particolarmente gravoso –salvaguardare il Mausoleo di Bahá’u’lláh e gli edifici e i terreni adiacenti. L’acquisizione dell’intera proprietà e l’abbellimento dei suoi dintorni furono un compito che lo occupò fino alla fine della sua vita.
In Haifa, supervisionò la costruzione della sovrastruttura del Mausoleo del Báb sul Monte Carmelo, che con la sua cupola d’oro divenne noto come la “Regina del Carmelo”. Inoltre allestì magnifici giardini attorno a entrambi i Mausolei e acquisì, restaurò e abbellì molti altri siti associati alla storia bahá’í, come i dintorni delle sepolture della sorella, del fratello, della madre e della moglie di ‘Abdu’l-Bahá.
Per creare le strutture del centro amministrativo mondiale della Fede sul Monte Carmelo, Shoghi Effendi tracciò un “arco” sul fianco della montagna, attorno al quale fossero eretti edifici che ospitassero le istituzioni internazionali della Fede bahá’í. Il primo di questi, l’Edificio degli Archivi internazionali, fu completato poco prima della sua scomparsa.
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La Casa Universale di Giustizia, il centro amministrativo mondiale della Fede bahá’í 

​Crisi e vittorie

Nel corso del suo ministero, Shoghi Effendi guidò la comunità bahá’í attraverso numerose sfide: i bahá’í tedeschi furono perseguitati sotto il regime nazista; diversi bahá’í furono arrestati e interrogati in Turchia; la progredita comunità di ‘Ishqábád – dopo essere stata perseguitata dalle autorità sovietiche negli anni 1920 e 1930 – fu dispersa; un’ulteriore opposizione alla Fede scoppiò in Iran; la casa di Bahá’u’lláh a Baghdad fu sequestrata e non poté essere riacquisita.
Con la calma e la percezione che lo contraddistinguevano, Shoghi Effendi vide un potenziale trionfo in ogni apparente crisi che i bahá’í dovettero affrontare. Ad esempio, in Egitto i tribunali emisero una serie di verdetti che, mentre apparentemente sembravano negativi, furono acclamati da Shoghi Effendi come un riconoscimento dell’indipendenza della Fede bahá’í. Mentre aiutava la comunità a intervenire presso i tribunali nazionali e sulla scena internazionale per difendere i loro diritti umani fondamentali, le insegnò anche a vedere le difficoltà come opportunità per portare avanti il lavoro della Fede. 

Il trapasso di Shoghi Effendi
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Nonostante l’enorme carico di doveri e responsabilità, il Custode dedicò tutto il tempo che poté risparmiare ad accogliere i pellegrini che visitavano la Terra Santa dall’Oriente e dall’Occidente. Li incontrò, li incoraggiò, li consigliò e li informò sul progresso della comunità in tutto il mondo.
Nel novembre 1957 – mentre si trovava a Londra per acquistare mobili e arredi per gli edifici e i giardini del Centro Mondiale Bahá’í – Shoghi Effendi scomparve improvvisamente all’età di 60 anni, lasciando i bahá’ í del mondo in uno stato di profondo dolore. La sua sepoltura si trova nel cimitero New Southgate a nord di Londra. Oggi, è un luogo di preghiera e di riflessione per visitatori provenienti da tutto il m
ondo.

IL BÁB - L'ARALDO DELLA FEDE BAHÁ'I

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Il Mausoleo del Báb sul Monte Carmelo in Israele

Nella primavera del 1844, una sera due giovani ebbero una conversazione che dette inizio a una nuova era per il genere umano. Un mercante persiano, Che Si chiamava Siyyid ‘Alí-Muhammad, annunciò a un viandante nella città di Shiraz di essere il Portatore di una Rivelazione divina destinata a trasformare la vita spirituale dell’umanità. La storia Lo conosce come il Báb (che in arabo significa “la Porta”).
La metà del XIX secolo è stata uno dei periodi più turbolenti della storia del mondo, un periodo di grandi rivoluzioni. In alcune parti dell’Europa e del Nord America, le strutture e le relazioni sociali ormai obsolete furono sovvertite da repentini cambiamenti senza precedenti nel campo dell’agricoltura, dell’industria e dell’economia. Nello stesso tempo, in tutto il mondo i seguaci delle diverse religioni pensavano che l’umanità si trovasse alle soglie di un nuovo stadio del suo sviluppo e molti si preparavano all’imminente avvento di un Promesso, pregando fervidamente di riuscire a riconoscerLo.


La fine di una ricerca

Fra le anime alla ricerca di questo totale cambiamento c’era un giovane studioso che si chiamava Mulla Husayn. Egli si sentì attratto come da un magnete verso Shiraz – una città rinomata per le rose profumate e i melodiosi usignoli. La sera del 22 maggio 1844, mentre si avvicinava alle porte della città, egli fu fermato da un giovane radioso che indossava un turbante verde. Lo straniero lo salutò come se fossero vecchi amici.
«Il Giovane che mi Si fece incontro nei pressi della porta di Shiraz mi colmò di espressioni d’affetto e di tenerezza», ricordò Mulla Husayn. «Mi invitò con calore ad andare a casa Sua per ristorarmi dalle fatiche del viaggio».


I due uomini trascorsero tutta la notte conversando. Mulla Husayn scoprì con grande sorpresa che tutte le caratteristiche del Promesso che egli stava cercando erano evidenti in quel giovane. L’indomani mattina presto, prima che se ne andasse, il suo Ospite gli rivolse queste parole: «O tu che sei il primo a credere in Me! In verità ti dico, Io sono il Báb, la Porta di Dio… Diciotto persone devono, all’inizio, spontaneamente e di propria iniziativa accettarMi e riconoscere la verità della Mia Rivelazione».
Entro poche settimane dalla dichiarazione del Báb, altre diciassette persone riconobbero spontaneamente il Suo stadio, rinunciarono agli agi e alla sicurezza della loro vecchia vita e, liberandosi da ogni attaccamento, si dedicarono alla divulgazione dei Suoi insegnamenti. Questi primi diciotto seguaci del Báb furono poi conosciuti come “Lettere del Vivente”.
Una di loro, la poetessa Tahirih, avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella rottura con il passato, invocando la piena parità fra le donne e gli uomini. L’ultimo membro del gruppo, un giovane al quale fu assegnato il titolo di Quddus ‒ che significa “il Più Santo” ‒ fu così devoto e coraggioso da divenire la più riverita fra le Lettere del Vivente.
Mulla Husayn fu affascinato dalle parole pronunciate dal Báb quella notte. Il Báb aveva sempre mostrato un’innata saggezza e anche quando era giovanissimo aveva lasciato la famiglia esterrefatta. «Non possiamo trattarlo come un bambino», disse loro il Suo insegnante. «In verità, egli non ha alcun bisogno di un maestro come me».

La missione del Báb

Nato a Shiraz, una città dell’Iran meridionale, il 20 ottobre 1819, il Báb è la simbolica porta fra l’antica era profetica e la nuova era dell’adempimento. Il Suo scopo principale fu di far capire alla gente che un nuovo periodo della storia umana aveva avuto inizio, un periodo che avrebbe visto l’unificazione dell’intero genere umano e la nascita di una civiltà mondiale spiritualmente e materialmente prospera. Questo grande giorno sarebbe stato introdotto dall’influenza di un Educatore divinamente ispirato, che il Báb chiamava “Colui Che Dio manifesterà”. La Sua missione, il Báb dichiarò, era di precorrere l’avvento di questa nuova Manifestazione di Dio. Il Báb spiegò che essa avrebbe inaugurato quell’era di pace e di giustizia che era oggetto della speranza di ogni cuore anelante e della promessa di ogni religione. Il Báb ordinò ai Suoi seguaci di divulgare questo messaggio in tutto il paese e di preparare la gente a questo giorno lungamente atteso.
Il messaggio del Báb suscitò speranza ed eccitazione fra persone di ogni ceto. Molti eminenti prelati musulmani Lo accettarono, ma molti altri si sentirono insicuri e minacciati dalla Sua crescente influenza e temettero che le loro radicate posizioni di privilegio e di potere fossero scalzate dall’emancipazione della gente. Accusarono di eresia gli insegnamenti del Báb e si proposero di distruggere Lui e i Suoi seguaci. L’intero paese fu agitato da accese controversie nelle moschee e nelle scuole, nelle strade e nei bazar.


Di conseguenza, il Báb fu esiliato da una città all’altra, da prigione a prigione. Ma nessuno dei piani escogitati dai Suoi nemici riuscì a impedire la diffusione della Sua influenza. Dovunque fosse inviato, la Sua grazia e il fascino magnetico della Sua personalità conquistavano l’ammirazione dei funzionari politici e della gente. Spietati carcerieri e feroci aguzzini divennero Suoi seguaci. Le autorità, convinte di poter spegnere le fiamme della Sua influenza, non fecero altro che alimentare la Sua luce apportatrice di vita. Col tempo, la popolarità del Báb giunse a tal punto che un gruppo di eminenti prelati chiese al governo di condannarLo a morte. I bábí, separati dal loro leader, si difesero coraggiosamente dalle forze dello stato, inviate per distruggerli. Migliaia di Suoi seguaci, uomini, donne e bambini, furono crudelmente e brutalmente trucidati.


La condanna a morte del Báb
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Nel 1850 Mirza Taqi Khan (il gran visir di Nasiri’d-Din Shah) condannò il Báb a morte. Quando le guardie vennero a prelevarLo il giorno della Sua esecuzione, il 9 luglio, il Báb disse loro che nessuna «potenza terrena» avrebbe potuto farLo tacere finché non avesse finito di dire quello che aveva da dire. Migliaia di persone gremivano i tetti delle case prospicienti la piazza d’armi di Tabríz dove il Báb doveva essere fucilato da un plotone di esecuzione. Nella torrida calura del sole di mezzogiorno, Egli fu appeso con delle corde a una parete della caserma, insieme con un Suo giovane seguace. Un reggimento di 750 soldati aprì il fuoco in tre successive raffiche. Quando il fumo e la polvere degli spari si dispersero, il Báb era sparito. Rimaneva solo il Suo compagno, illeso, in piedi davanti al muro al quale i due erano stati appesi. Le corde con le quali erano stati legati erano state recise. Dopo un’affannosa ricerca, il Báb fu ritrovato nella Sua cella: stava proseguendo la Sua conversazione con il Suo segretario che era stata interrotta.
«Ora potete fare quello che volete», disse il Báb ai Suoi carcerieri. Fu nuovamente condotto fuori dalla cella per la fucilazione. Dato che il primo reggimento si rifiutò di far fuoco, ne fu chiamato un altro che ebbe l’ordine di sparare. Questa volta i corpi del Báb e del Suo giovane seguace furono crivellati dai colpi. Un turbine di polvere spazzò la città, oscurando la luce del sole fino al tramonto.
Nel 1909, dopo essere rimaste nascoste per oltre mezzo secolo, le spoglie del Báb furono inumate sul Monte Carmelo in Terra Santa. Oggi, sepolto in uno splendido Mausoleo, sormontato da una cupola dorata, circondato da spettacolari giardini pensili e magnifiche fontane, il Báb riposa in gloria, a simboleggiare il trionfo su una feroce opposizione contro la Causa che Egli precorse. Milioni di persone riconoscono in Lui l’ispirato Araldo della Fede bahá’í e leggono riverentemente i Suoi Scritti per scoprire la «fulgida Luce di Dio».
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I giardini bahá’í in Terra Santa, Israele. Sullo sfondo, il Mausoleo del Báb

LA CASA UNIVERSALE DI GIUSTIZIA - L'ORGANO AMMINISTRATIVO CENTRALE DELLA FEDE BAHÁ​'I

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La Casa Universale di Giustizia è il consiglio direttivo internazionale della Fede bahá’í. Bahá’u’lláh ha ordinato la creazione di questa istituzione nel Suo libro delle leggi, il Kitáb-i-Aqdas .
La Casa Universale di Giustizia è un corpo di nove membri, eletto ogni cinque anni da tutti i membri di tutte le assemblee nazionali bahá’í. Bahá’u’lláh ha conferito alla Casa Universale di Giustizia l’autorità divina per esercitare un’influenza positiva sul benessere del genere umano, promuovere l’educazione, la pace e la prosperità globale e salvaguardare l’onore umano e la posizione della religione. Essa ha il compito di applicare gli insegnamenti bahá’í alle esigenze di una società in continua evoluzione e pertanto ha il potere di legiferare su questioni non esplicitamente previste nei Testi sacri della Fede.
Dal momento della sua prima elezione nel 1963, la Casa Universale di Giustizia ha guidato la comunità mondiale bahá’í nello sviluppo della sua capacità di partecipare alla costruzione di una florida civiltà globale. La guida fornita dalla Casa Universale di Giustizia garantisce l’unità di pensiero e di azione della comunità bahá’í mentre impara a trasformare in realtà la visione di Bahá’u’lláh della pace del mondo .
​«Giacché ogni giorno v’è un nuovo problema e per ciascun problema una risoluzione pertinente, questi casi devono essere deferiti ai Ministri della Casa di Giustizia, affinché essi agiscano secondo le necessità e i requisiti del momento».
– Bahá’u’lláh
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